venerdì 27 maggio 2016

DAVIDE FARAONE A SANT'AGATA

Il Sottosegretario all'Istruzione on. Davide Faraone, nel pomeriggio di ieri 26 Maggio, ha voluto salutare e abbracciare il Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci.
Presenti all'incontro l'on. Giuseppe Laccoto, il Sindaco di Sant'Agata Carmelo Sottile, quello di Torrenova Salvatore Castrovinci, l'avv. Paolo Starvaggi della Direzione Regionale del PD, l'Assessore del Comune Santagatese Giuseppe Puleo ed il Capogruppo PD in Consiglio Comunale Nicola Marchese.
In coda all'incontro Faraone ha ricevuto una delegazione di lavoratori precari delle amministrazioni locali, cui ha fornito indicazioni e prospettive di intervento da parte del Governo.

PD Sant'Agata

mercoledì 25 maggio 2016

MA CHE RAZZA DI ANTIMAFIA... FAI ?



Giulio Francese, in occasione di "Informazione è Libertà", sabato 14 Maggio scorso a Sant'Agata di Militello, ha ricordato non solo la figura del padre Mario, ma anche quella di Pippo Fava.
Lo ha fatto citando un pensiero del giornalista catanese ucciso dalla mafia nel 1984, che riportiamo:

«Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell'ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo».

Ma Fava, aveva maturato una lucidità quasi premonitrice sui rapporti, già allora osmotici, tra mafia, politica e affari.

Tanto che si spinse serenamente a dire, intervistato da Enzo Biagi:
"Mi rendo conto che c'è un'enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi sono in ben altri luoghi e in ben altre assemblee. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono Ministri, i mafiosi sono Banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Se non si chiarisce questo equivoco di fondo, non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante…".

Erano i primi anni '80. 
Si può immaginare dopo oltre 30 anni che la mafia sia tornata nelle campagne, coppola in testa e lupara in spalla ?
Ma Falcone già 30 anni fa non ci aveva insegnato che per trovare la mafia, bisogna inseguire il denaro ?
Quegli insegnamenti sono oggi ancora validi ?

La risposta è si.
Si, perché, per fare un esempio recente, il Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, inseguendo i denari dei contributi italiani ed europei ad agricoltori ed allevatori, ha trovato e audacemente disinnescato uno dei meccanismi più rodati di finanziamento dei clan di Cosa Nostra, meritandosi non solo l'odio e la vendetta delle cosche, ma anche una sventagliata di pallettoni ...

Ma se la mafia è interessata ai contributi all'agricoltura, si può veramente pensare che non lo sia altrettanto ai grandi affari ?
Alle grandi opere pubbliche ? Alla gestione del ciclo dei rifiuti ?
Al riciclaggio del denaro che proviene dai traffici illeciti di armi e stupefacenti ?

Pare – ovviamente – di si. E ciò stando anche, per fare un esempio, a recenti operazioni della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, nell'ambito di una delle quali, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale etneo,  ha disposto l’amministrazione giudiziaria della Tecnis SpA, della Artemis SpA e della Cogip Holding Srl nonché il sequestro delle relative quote ed azioni per un controvalore di circa 1,5 miliardi di euro, perché l’attività imprenditoriale di tali ditte – secondo gli investigatori – sarebbe stata asservita agli interessi di Cosa Nostra. Ditte alle quali è stato nominato un amministratore giudiziario per un periodo di sei mesi - ulteriormente rinnovabile - al fine di risanare e reimmettere nel mercato le aziende, in modo che possano operare nel rispetto delle regole ed al riparo da infiltrazioni mafiose.

Di fronte a questo quadro generale così terribile e inquietante, ci si può limitare da parte di alcuni soggetti istituzionali e da parte delle associazioni antiracket, a fare antimafia parolaia, di circostanza, da parata solenne ?
Se nei propri statuti ci si impone quale scopo la lotta contro il racket delle estorsioni e dell’usura e contro “…ogni forma di illegalità…”, ci si può voltare costantemente dall’altro lato quando un’intera città ed un intero comprensorio è attanagliato da un groviglio politico-mafioso e dedicarsi soltanto, e ormai raramente, a quello che Pippo Fava, trent’anni fa, definiva “…piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale…” ?
Attività commerciali ormai al collasso strutturale, mentre il vero business delle organizzazioni politico-criminali sono ancora le decine di milioni di euro pubblici e delle comunità, per le grandi opere e le discariche…

PD Sant’Agata

 


domenica 22 maggio 2016

LEGALITA’ ON DEMAND…

Ad ascoltare alcuni degli immancabili interventi di autorevoli esponenti politici di questi giorni, dopo l’agguato teso a Peppe Antoci, viene il sospetto di essere su “Scherzi a parte”…   

Stiamo assistendo non solo alle sacrosante manifestazioni da un lato di condanna e sdegno e dall’altro di solidarietà e interesse sincero per le persone e per la comunità; ma per certi aspetti anche – purtroppo – ad un teatrino indecoroso, per non dire peggio.  

Ormai chiunque si erge a parlare di rispetto per la legalità, di rispetto per le norme di legge, di lotta alla criminalità e al malaffare; e se ci si permette di evidenziare che la voce di qualcuno appare francamente inopportuna da dovere ascoltare – anche – su questi temi, allora si grida allo scandalo. Perché l’opera dei pupi dell’ipocrisia non può e non deve essere turbata in alcun modo da nessuno.

Nessuno si deve permettere di alterare certi equilibri, persino nel corso di un corteo di protesta e solidarietà contro un gesto di inaudita violenza; e per questo scendono in campo vecchi centurioni e nuovi pretoriani. A garantire che mai qualcuno dovesse pronunciare le parole sbagliate mettendo in imbarazzo qualcun altro…

In questo minestrone già indigesto, il buon Sindaco Sottile, stretto tra una folla sgomitante, sabato mattina ha osato dire: “…non posso tacere quanto sta accadendo in relazione alla tormentata vicenda della ultimazione del Porto; opera di valenza comprensoriale finanziata diversi anni fa con 50 milioni di euro, ma tutt'oggi non avviata. Aggiudicata in circostanze al vaglio della Magistratura, ed infine transitata ad una società raggiunta da una misura interdittiva antimafia, revocata soltanto di recente poiché caduta in amministrazione giudiziaria. Vicende che stanno segnando in negativo un percorso già irto di ostacoli, sulle quali va fatta piena luce e massima chiarezza a tutela dei santagatesi… commetteremmo un gravissimo errore se pensassimo che la mafia esiste solo quando spara e non anche quando stringe accordi e quando conclude affari milionari; finiremmo per non rendere onore alla memoria di Giovanni Falcone e rischieremmo di non fare tesoro dei suoi insegnamenti”.

Non l’avesse mai fatto. E’ calato il silenzio dell’inverno artico. Le facce rosee e rubiconde di alcuni appassionati oratori si sono trasformate in bianchissime calotte polari. Qualcuno ha dissimulato una smorfia involontaria, uno spasmo del viso. Nessuno nelle ore successive ha neppure lontanamente immaginato di tornare su un argomento così scottante, salvo che in alcuni salotti privati ed esclusivi.

Ma perché ?

Perché se ne avessero voluto parlare lo avrebbero fatto prima; e non certo per dire, come hanno fatto in tantissimi in questi anni in una specie di mantra in coro, che tutto era regolare, che tutto era stato fatto secondo la legge ed il rispetto delle regole, che non si poteva dubitare della legittimità degli atti, che tutti i tribunali avevano certificato la regolarità dei procedimenti e cosi via…

Perché, in definitiva, la legalità non è più un valore; è diventata una merce; si compra e si vende un tanto al chilo quando serve. Oppure, come una stoffa pregiata, si indossa nell’occasione adatta; una cerimonia solenne, un’occasione importante. Dopo si può riporre nell’armadio.

Una legalità a tanto al chilo…al metro lineare.

O come si usa dire oggi, una LEGALITA’ ON DEMAND; a pagamento e quando serve. Da pagare, come tutto il resto, con la carta di credito, meglio se agganciata a conto estero.  

Ma perché Sottile si è messo a parlare di Porto proprio quella mattina di sabato 21 maggio, in occasione della manifestazione di solidarietà ad Antoci ?

Che “ci azzecca” il Porto con l’illegalità, con la criminalità o addirittura con la mafia ?

In realtà tutti dovrebbero saperlo, ma temendo di dovere ormai assistere alla plastica rappresentazione dello Stato cantato da De Andrè, che “…si costerna, si indigna, si impegna e poi getta la spugna con gran dignità”, toccherà a noi doverlo dire… nei prossimi post.

PD Sant’Agata

venerdì 20 maggio 2016

OGGI COME ALLORA: IPOCRISIA E MENZOGNE


Sono passati quasi 24 anni, ma quel 23 di maggio e quel 19 di luglio, molti di noi, ce li portiamo ancora dentro.
Molti di noi per 24 anni non sono neppure riusciti a vedere le numerose fiction televisive sulla vita e sulla morte di due uomini normali; di due antieroi, di due persone che in una società corrotta fino al midollo hanno osato non reprimere il loro innato senso del dovere, continuando a lavorare e ad onorare istituzioni, all’interno – e spesso al vertice – delle quali, sapevano trovarsi del marcio.
Molti di noi, dopo 24 anni, provano ancora un senso di smarrimento, di vero e proprio panico, nel ricordare lo squarcio sull’asfalto di Capaci e quello di Via D’Amelio.
Uno squarcio mai colmato; tantomeno dai parolai di circostanza, dagli immancabili presenzialisti di eventi antimafiosi e non, dagli oratori ipocriti e banali sui palchi imbandierati delle solite retoriche commemorazioni.
La criminalità è sempre presente nel nostro Paese; lo dice la storia prima ancora che la cronaca giudiziaria.
Quando però spara, come accaduto in questi giorni sui Nebrodi contro Giuseppe Antoci, o quando usa il tritolo come accaduto nel 1992, allora bisogna farsi delle domande. Non solo manifestare. Non solo costernarsi e indignarsi. Bisogna usare l’unica arma che i criminali temono: la ragione.
Chiedersi perché si arrivi a meditare l’uccisione di un uomo, o la realizzazione di una vera e propria strage.
La risposta è piccola come un granello di sabbia.
Quei granelli di sabbia impazzita che alle volte fanno inceppare i meccanismi più rodati e perfetti. Meccanismi enormi, ma complessi e articolati, in cui ognuno ha un proprio ruolo preciso, una propria funzione messa in “pericolo” da quei piccoli granelli di sabbia che proprio di mettersi di parte non ne vogliono sapere e che minano equilibri consolidati, accordi già raggiunti, spartizioni già sancite.
Non è difficile ormai dopo tutti questi anni, comprendere quali equilibri fossero “saltati” nel 1992; c’è vasta letteratura e saggistica in materia.
Più difficile comprendere le ragioni degli eventi quando si è contemporanei agli eventi stessi.
Più difficile, ma forse no, comprendere perché da qualche anno la criminalità dei Nebrodi abbia rialzato la testa, ed abbia ripreso ad usare le sue armi tradizionali: le pallottole ed il fango.
Perché nell’ambito di appalti di decine di milioni di euro e di una infinità di altri importantissimi affari (per qualche centinaio di milioni), fosse calato un silenzio irreale, una “pax” inverosimile; quando a pochi chilometri di distanza si dava fuoco ad un escavatore per un lavoro da 10 mila euro.
Perché l’attività di onesti servitori dello Stato sia diventata così fastidiosa da dovere essere bloccata con ogni mezzo, mentre in passato, nessuno aveva visto, nessuno aveva sentito, nessuno aveva parlato.   
E cosa spinga alcune grottesche ed ineffabili figure, in circostanze come quelle che stiamo vivendo (e che vivremo di nuovo il 23 Maggio ed il 19 Luglio prossimi) a parlare di legalità e giustizia, polverizzando ogni barriera del pudore, superando ogni limite alla decenza.

Qualche giorno fa Sant’Agata ha ospitato Giulio Francese e Salvo Vitale in una serata intensa, durante la quale si è fatta profonda riflessione sulla necessità di fare informazione e sulle esperienze di Peppino Impastato e Mario Francese.
Un problema attuale anche per il nostro territorio, se è vero come è vero che l’informazione locale, tranne qualche eccezione, è stata così colpita dal tema, che il giorno dopo è stato concesso ampio spazio… al raduno delle Mercedes. 
C’è un filo che lega circostanze terribili come quelle che ci accingiamo a ricordare nei prossimi giorni e nelle prossime settimane che ci separano dal 19 Luglio, con quanto sta per accadere a Sant’Agata nella giornata di Sabato 21 maggio.
Un filo sottile ma pericoloso in cui si rischia per l’ennesima volta di inciampare rovinosamente, finendo per infrangere e fare a pezzi ogni capacità di discernimento, ogni lucidità.
Un filo che altro non è, se non l’ennesimo tranello dei nemici del Paese; l’ennesimo pasto degli avvoltoi e degli sciacalli. Una trappola così prevedibile e scontata in cui pur tuttavia si finisce spesso - se non sempre - per cadere.
Quella trappola Salvo Vitale l’ha spiegata tempo fa; e noi, nel difficile ma consentito accostamento delle vicende dell’oggi e della storia, vogliamo usare quelle stesse parole per avere uno strumento in più da usare. Una lente per leggere meglio gli avvenimenti, per comprendere le parole come i silenzi.


"Stanno preparando il vestito buono per la festa.

Passeranno la notte a lustrarsi le piume.
E domani, l'uno dopo l'altro, con una faccia
che definire di bronzo è un eufemismo,
correranno da una parte all'altra della penisola
cercando i riflettori della tivvù,
il microfono dei giornalisti,
inondandoci della loro vomitevole retorica
su twitter, facebook, e in ogni angolo della rete;
loro, tutti loro, gli assassini di Giovanni Falcone,
della moglie, e dei tre agenti della sua scorta,
saranno proprio quelli
che ne celebreranno la memoria.
Firmandola. Sottoscrivendola.


Faranno a gara per raccontarci come combattere
ciò che loro proteggono.
Spiegheranno l'immensa eredità
di un magistrato coraggioso; loro, proprio loro
che ne hanno trafugato il testamento,
alterato la firma,
prodotto un perdurante falso ideologico
che ha consentito ai loro partiti
di rinverdire i fasti di un eterno potere.
Li vedremo tutti in fila, schierati come i santi.
Ci sarà addirittura chi verserà qualche calda lacrima,
a suggello e firma dell'ipocrisia di stato,
di quel trasformismo vigliacco e indomabile
che ha costruito nei decenni
la mala pianta del cinismo e dell'indifferenza,
l'humus naturale dal quale tutte le mafie attive
traggono i profitti delle loro azioni criminali.


Domani, non leggerò i giornali,
non ascolterò le notizie, non seguirò i telegiornali,
e men che meno salterò come una pispola allegra
da un mi piace all'altro su facebook
a commento di striscette melense e ipocrite
che inonderanno la rete
con una disgustosa ondata
di piatta e ipocrita demagogia.


Domani, uccideranno ancora Giovanni Falcone,
sua moglie e la sua scorta.
E io non voglio farne parte.
Per questo ne parlo oggi, con un giorno di anticipo.
Seguitano a ucciderlo, ogni giorno,
nella società civile e in parlamento.
Per questo vogliono museizzarlo,
trasformandolo in una specie di santino
da usare ad ogni buona occasione.
Perché sono proprio loro gli eterni assassini,
questa è la verità,
altrimenti non ci ritroveremmo, venti anni dopo,
nella stessa identica situazione di allora.


Domani, vestiti a festa,
faranno a gara a chi lo commemora e piange di più.
Tutti i funzionari pubblici della repubblica,
anche quelli del più piccolo e povero comune,
tutti quelli che hanno preso tangenti
privilegiando l'interesse personale
a quello del bene pubblico,
sono quelli che seguitano ogni giorno
ad assassinare Giovanni Falcone,
sua moglie e i tre agenti della scorta.


Quelli che hanno reso vana e vacua la loro morte.
Gli imprenditori che partecipano alle gare
sostenendo che bisogna pagare le tangenti
se si vuole sopravvivere sul mercato.
I direttori editoriali responsabili delle case editrici,
delle società di produzione cinematografica,
televisiva e radiofonica,
che riconoscono e accolgono come autori
solo persone presentate, suggerite, spinte e imposte
dalle segreterie dei singoli partiti politici
che poi provvederanno a fornire i loro buoni uffici
facendo piovere su di loro sovvenzioni statali
pagate con le nostre tasse.
Loro, nessuno escluso, sono gli assassini


Io non li voglio vedere.
Non voglio vedere le loro facce ipocrite.
Sono assassini tutti quelli che dicono
"lo fanno tutti, che cosa ci vuoi fare?".
Così come lo sono tutti coloro che si trincerano
dietro il "ma io ho una famiglia"
e fingono di non sapere che esiste la frase
"no, io queste cose non le faccio".


Gli assassini sono tutti i cittadini italiani
che nel silenzio garantito dalla privacy,
cautelati dal fatto di non avere testimoni,
nel segreto della cabina elettorale,
mettono una crocetta su un certo simbolo,
su un certo nome,
perché sanno che quella lista e quella persona,
domani, a elezioni avvenute (e vincenti)
risolveranno il mio problemino,
o daranno il posto a mio figlio,
o sistemeranno mia sorella.


Sono decine di milioni gli assassini
Perché la mafia non è una persona,
non è una cosa astratta.
La mafia è un'idea dell'esistenza.
La mafia è una interpretazione della vita,
e chi vi aderisce è un mafioso.
Anche se non lo sa.
Anche se non se lo vuole dire.
Sempre mafioso è.


L'intera classe politica di questo paese,
intellettuale, mediatica, imprenditoriale,
partecipò al processo di delegittimazione
di Giovanni Falcone, isolandolo, diffamandolo,
e voltandosi dall'altra parte
quando sapevano che stavano arrivando i killer.
Così come fecero poi con Paolo Borsellino
e con tutti coloro
che ebbero l'ardire di armarsi di coraggio
e combattere contro la mafia attiva.
Le stesse persone che allora scelsero di non guardare,
oggi sono in prima fila
a commemorarne la scomparsa.
Sono tutti loro i veri assassini.
Io non li voglio né vedere né ascoltare.


Perché i dirigenti mafiosi sono affaristi,
e non corrono il rischio di mettersi nei guai
uccidendo gli affari, se non sanno di avere
un territorio amico che li sorregge.
La mafia, di per sé, non esiste, esistono i mafiosi.
La mafia è la somma dei singoli comportamenti
che ne determinano l'esistenza.
E noi siamo un paese di mafiosi.


Purtroppo, non è uno stereotipo,
è la tragica realtà con la quale noi tutti
dobbiamo avere il coraggio di fare i conti.
Perché questi sono i veri conti,
non lo spread, che è una invenzione astratta.
Potete aderire a qualunque ideologia,
essere di destra o di sinistra,
anarchici o democratici, conservatori o progressisti,
amanti di Keynes, di Marx
o della teoria della Moneta Moderna,
non cambia nulla, fintantoché non cambieremo
il nostro comportamento individuale,
quotidiano, esistenziale,
e prenderemo atto di ciò che siamo
per poterci evolvere e liberarci di questo cancro


Ogniqualvolta un cittadino italiano
rinuncia ad esercitare il libero arbitrio,
e rinuncia all'ambizione e al tentativo
(anche se estremo e disperato)
di farsi valere per i propri meriti,
per le proprie competenze tecniche,
privilegiando la facile e sicura strada
della mediazione politica e della malleveria,
per prendere una scorciatoia
garantita dal sistema del malaffare,
il registratore di cassa della mafia
fa clang e segna un incasso.
Perché sa che, domani,
quel cittadino sarà un mafioso sicuro.
Anche se non lo sa.
E' una porta alla quale andranno a bussare,
sicuri che verrà subito aperta.
Loro, lo sanno benissimo, che è così.
Lo sappiamo tutti.


Non voglio vedere i loro telefilm celebrativi
interpretati da attori raccomandati,
prodotti da aziende mafiose,
e distribuiti alla nostra visione
da funzionari mafiosi in doppiopetto. Proprio no.


Domani, dedicherò la giornata
al tentativo di ripulirmi spiritualmente,
cercando di fare ordine interiore,
per eliminare ogni residuo di retro-pensiero mafioso,
che alligna dentro di me,
come dentro la mente di ogni singolo italiano,
anche quando non lo sa.
Perché il paese è così.
Altrimenti, non staremmo, dopo venti lunghi anni,
e una caterva di governi inutili,
nella stessa identica situazione di allora".

(Salvo Vitale)

martedì 17 maggio 2016

L'AGGUATO AD ANTOCI: "E’ stata una notte drammatica, ma andrò avanti”.

Trapelano le prime indiscrezioni e il quadro del grave fatto di ieri notte si fa sempre più inquietante.
Si sarebbe trattato di un vero e proprio agguato col fine di uccidere.
Così si spiega il posizionamento di alcuni massi sulla carreggiata che hanno costretto l'auto blindata del Presidente a rallentare e fermarsi, per essere poi colpita da una sventagliata di colpi di grosso calibro; probabilmente nella convinzione di infrangere i finestrini dell'auto o di indurre gli occupanti a scendere dalla vettura.
Ma il pronto intervento del vice questore Manganaro e degli stessi uomini della scorta ha evitato il peggio salvando la vita ad Antoci.
Antoci e Manganaro erano stati ospiti sabato 14/05 scorso al Castello Gallego di Sant'Agata nell'ambito del convegno "Informazione è Libertà", dove hanno raccontato del loro impegno nel contrasto dei fenomeni mafiosi sul territorio del Parco e della attenzione che il giornalismo d'inchiesta (Presa Diretta etc) aveva dato a tali vicende.
Al Presidente Antoci ed al Vice Questore Manganaro vanno la solidarietà e la vicinanza del Circolo del PD Sant'Agata e l'apprezzamento per il senso del dovere istituzionale che ha contraddistinto in questi anni la loro attività, posta in essere con coraggio, nonostante le intimidazioni ricevute. 

domenica 15 maggio 2016

FRANCESE E IMPASTATO. GRANDE PARTECIPAZIONE ALL'EVENTO DEL 14 MAGGIO.

Una serata per ricordare Mario Francese e Peppino Impastato.
Ma anche per riflettere sul ruolo di chi fa infomazione, in un contesto sempre più complesso e difficile.
Di questo si è parlato ieri sera nella Sala dei Principi del Castello Gallego; ospiti Giulio Francese e Salvo Vitale.
Il primo ha conquistato la platea con il suo garbo e la sua lucidità, con la sua capacità di analisi dei fenomeni legati alla informazione ed alla società civile di oggi e di un tempo.
Il secondo ha ammaliato il pubblico, soprattutto quello più giovane numeroso in sala, ricordando gli anni di Radio Aut accanto a Peppino Impastato e quelli successivi vissuti nella costante lotta per la verità insieme a mamma Felicia.
Due storie lunghe decenni quelle di Francese e Impastato, che sono state ripercorse anche grazie alla lettura di alcuni brani de "Il Quarto Comandamento" di Francesca Barra (ed. Rizzoli), giornalista e scrittrice, molto legata alla famiglia Francese, che ha fatto giungere i suoi saluti agli organizzatori e agli ospiti; e di "Cento Passi Ancora" (ed. Rubbettino), il libro che Salvo Vitale ha dedicato al racconto degli anni successivi all'omicidio del 9 Maggio '78, fino ai giorni nostri.
Brani accompagnati da una superba Maria Mascali al pianoforte, che ha saputo rendere l'atomsfera ancora più suggestiva ed emotivamente coinvolgente.
Una serata, moderata dal regista Salvo Presti, in cui non sono mancati momenti di grande commozione e che ha visto una grandissima partecipazione di pubblico.
Un plauso quindi all'Amministrazione Comunale, nella speranza che Sant'Agata possa continuare ad organizzare ed ospitare eventi di questa levatura, e mantenere il primato che le spetta; quello di Capitale della Cultura dei Nebrodi.

PD Sant'Agata     
   
   

martedì 10 maggio 2016

38 ANNI E UN GIORNO...



Mario Francese, Mauro De Mauro, Peppino Impastato, Mauro Rostagno, Pippo Fava, Beppe Alfano… 
Quanti sacrifici sull'altare di un'unica ossessione !

L'ossessione per la ricerca della verità.

L'ossessione per quello che consideravano un dovere inderogabile, un valore non negoziabile: la libertà di informare.

La libertà di fare attenta, scrupolosa, corretta e piena informazione.

Anche a costo di divenire scomodi, anche a costo di venire isolati, anche a costo di subire minacce, anche al prezzo della loro stessa vita.

Nella classifica mondiale sul livello di Libertà di Stampa redatta annualmente da Reporters sans frontières, l'Italia, dopo il poco lusinghiero 73° posto del 2015, è scesa nel 2016 al 77° posto, sotto Botswana, Nicaragua, Armenia e Tanzania.

Le ragioni sono quelle che si possono facilmente immaginare: le sempre più frequenti intimidazioni che i giornalisti subiscono, da parte di organizzazioni criminali e non solo.

Perché non è solo la violenza fisica a limitare la libertà d’informazione nel nostro Paese.

Il rapporto di RSF già nel 2015 contava 129 cause di diffamazione “ingiustificate” contro i cronisti, sempre nei primi 10 mesi del 2014, mentre nel 2013 il dato si era fermato a 84.

E la maggior parte delle cause di questo tipo sono intentate da personaggi politici, che così condizionano e censurano l’informazione, impedendo la formazione di una consapevole opinione pubblica, impedendo che i cittadini conoscano le vicende per loro più scomode ed imbarazzanti, quando non deprecabili o incredibilmente gravi.

Questo è il quadro desolante che ci viene consegnato e su cui bisognerebbe riflettere.

Un quadro che dal generale del dato nazionale non può non essere oggetto di analisi anche a livello periferico; dove neppure i pochi strumenti di informazione indipendente riescono ad arrivare (se non in casi e circostanze eclatanti) e dove i corrispondenti ed i cronisti di periferia vivono nel costante abbraccio del potere, alle prese con la quotidiana scelta tra il dovere di verità e la rassegnazione all’accomodamento.

Una rassegnazione alle volte neppure troppo sofferta, perché quella accondiscendenza verso il potente, può diventare occasione di vantaggio personale e familiare; perché alle volte risolve problemi e agevola carriere.

Un esercito di scribi la cui aspirazione “al dire” è stata completamente devitalizzata, secondo una non entusiasmante carrellata, che copre ogni possibile declinazione del condizionamento.



Il Circolo del PD  di Sant’Agata di Militello inizia oggi, 10 Maggio 2016, 38 anni e un giorno dopo l’uccisione di Peppino Impastato, la propria attività di informazione politica attraverso questo Blog.

Uno strumento divenuto assolutamente necessario per consentire alle tante persone oneste che vivono nella nostra città di ascoltare anche chi non si è omologato e piegato agli opinion leaders dei social network, ad una stampa troppo spesso disattenta o distratta, ad una società cittadina che barcolla sotto i colpi di chi ha deciso di farne proprio terreno di conquista con ogni mezzo, con ogni lusinga, con ogni regalia.

Sarà difficile e impegnativo.

Ci conforta il pensiero che non fu meno facile per chi come Impastato, Francese, De Mauro, Rostagno, Fava e Alfano credeva nella necessità civile, ancor prima che sociale e politica, di informare.

Proveremo a farlo attraverso questo Blog quando sarà opportuno, utile e necessario.

Perché il senso profondo di una libertà così fondamentale non si perda in un fazzoletto di terra schiacciato tra il mare e le colline dei Nebrodi, come se questa terra non fosse più di chi la vive da sempre; come se fosse diventata feudo di improbabili signorotti e del loro articolato e variegato vassallaggio.

 

Non commemoriamo Peppino Impastato nell’anniversario della sua morte violenta per mano del potere mafioso; ma lo onoriamo dall’alba del giorno dopo.

Perché dopo la violenta uccisione di Peppino Impastato e di Mario Francese, come dopo ogni atto di violenza muta contro il diritto ad essere informati, c’è sempre un giorno dopo, c’è sempre un domani in cui si ha il diritto ed il dovere di credere.



E’ encomiabile che l’Amministrazione Comunale abbia voluto aprire la Rassegna del Maggio dei Libri con una iniziativa di grande valore e prestigio.

“Informazione è Libertà – Giornalismo e Impegno Civile nelle Esperienze di Mario Francese e Peppino Impastato”, evento previsto per Sabato 14 Maggio ore 18,30 presso il Castello Gallego, è senz’altro un grande avvenimento di rilevanza culturale e sociale.

Sant’Agata di Militello avrà l’onore di ospitare Giulio Francese e Salvo Vitale; due voci di un passato che non è passato.

Due testimoni di storie straordinarie di passione e impegno politico e civile.

Due percorsi della memoria che si innestano ogni giorno sulla strada del nostro presente a volerci ricordare che della passione di Peppino Impastato e della lucidità di Mario Francese avremmo ancora tanto bisogno.

Che di quella “sana follia” che davanti alla galleria degli orrori dei condizionamenti e delle connivenze, delle intimidazioni e dell’isolamento, ogni mattino fa scegliere comunque la libertà di dire e di informare, ci si può ancora innamorare.

Anche a Sant’Agata !



PD Sant’Agata